La Dinastia dei D’Arco
Era il 30 settembre 1973 quando nel palazzo avito di Mantova si spegneva la contessa Giovanna d’Arco Chieppio Ardizzoni, marchesa Guidi di Bagno, figlia del conte Francesco Antonio (che durante il ministero di Rudinì, nel 1891, fu sottosegretario agli Esteri, senatore cinque anni dopo e morì il 7 maggio 1917) e di Maria Cantoni, nata il 5 novembre 1880. Con lei si estingueva uno provinci provinci provinci provinci dei due rami, la linea “andreana” (da Andrea d’Arco), trapiantatasi dalla città trentina a Mantova nel 1740 dopo che Francesco Eugenio d’Arco, primogenito di Francesco Alberto e di Teresa Chieppio, alla morte dello zio, Scipione Chieppio, ereditò i beni della spenta famiglia materna. L’altro ramo, la linea “odoriciana” (da Odorico d’Arco) continua in Baviera in due rami Arco auf Valley e Arco-Zinneberg. Un altro ramo, tuttora in vita, nacque dalla linea andreana grazie al conte Giorgio (m. 1709).
La contessa Monica d’Arco auf Valley, che risiede nello Schloss Adldorf nel Niederbayern, dopo aver visitato a Mantova il palazzo dei conti d’Arco, oggi sede della Fondazione d’Arco, si è recata al cimitero di Goito con una comitiva composta da alcuni nipoti e dal consigliere di famiglia. Ad attenderla sul posto c’erano i rappresentanti dell’ Associazione Culturale Goito Online , Marco Dallabella ed Enzo Cartapati che hanno accompagnato il gruppo a visitare la Cappella di famiglia dei D’Arco al quale interno sono sepolti :
Cimitero di Goito
I fratelli Conte D’Arco Luigi Chieppio Ardizzoni, Conte D’Arco Carlo Chieppio Ardizzoni
Conte D’Arco Francesco Antonio Chieppio Ardizzoni (figlio di Luigi), Maria Cantoni, Contessa D’Arco Giovanna Chieppio Ardizzoni,Mrarchesa Guidi di Bagno
Storia della Famiglia D’Arco
La famiglia d’Arco, nominata per la prima volta in un documento del 1124 riguardante l’erezione del castello di Riva, dove si cita un “Fridericus de Archi”, probabilmente deriva dalla nobiltà tridentina di gruppo latino ed ebbe rapporti con il Barbarossa e con il principe vescovo di Trento. Il castello di Arco fu costruito intorno al Mille come libero allodio della comunità valligiana. Nel 1186 i fratelli Federico ed Odorico d’Arco ebbero l’investitura dal principe vescovo Alberto. Durante il dominio del Trentino da parte di Ezzelino da Romano la famiglia (composta da 5 fratelli) cercò una difficile politica di equilibrio. Ma nel 1255 Trento insorse, la parte guelfa ebbe la meglio e la famiglia ottenne nuove ricompense. Negli anni seguenti il limitato sostegno alla Chiesa trentina determinò la perdita di alcuni possedimenti, poi recuperati grazie al vescovo Filippo Bonacolsi, zio di Guido, signore di Mantova. I rapporti con la città virgiliana si moltiplicarono con i Gonzaga: Antonio d’Arco sposò Orsola da Correggio (nipote di Guido Gonzaga) aprendo le porte ai commerci e al vicendevole scambio di doni: cani da caccia da Mantova, falconi dai d’Arco. Dopo alterne vicende nel 1413 l’imperatore Sigismondo creò Vinciguerra d’Arco conte dell’Impero.
Nel 1433 venne creato conte anche il nipote Francesco, erede universale. Francesco volle però dividere la sua eredità con il fratello, Galeazzo, che cercò però di usurparne il potere. Francesco allora lo fece imprigionare per 26 anni, cioè fino alla sua morte. Felici furono i rapporti con la marchesa di Mantova Barbara di Brandeburgo. Per il concilio di Mantova (1459) i d’Arco invitarono nella città dei Gonzaga molti principi tedeschi. Marmi pregiati scendevano dal Trentino per le fabbriche mantovane, mentre i d’Arco si facevano curare solo dai medici mantovani. Nel 1475 si celebrò il matrimonio tra Odorico d’Arco e Cecilia Gonzaga, nipote di Ludovico II (che era suo zio). Giunsero così a Mantova molti esponenti della famiglia trentina, e in particolar modo Andrea (fratello di Odorico), dal quale nacque il ramo mantovano della famiglia.
Dal matrimonio di Odorico e Cecilia nacque Nicolò d’Arco (1479-1546), splendido uomo d’armi e cultura (alla sua penna si devono i Numeri) che ebbe per moglie Giulia Gonzaga di Novellara. Dopo il sacco e la peste del 1630, i rapporti con Mantova andarono degradandosi. Dal ramo antico di Andrea infatti derivava Gherardo, che prese parte al sacco di Mantova con l’esercito imperiale. Gherardo riottenne la cittadinanza solo dopo il matrimonio con la nobile Camilla Ippoliti, nel 1642. La famiglia d’Arco prese a vivere stabilmente in Mantova, tra le mura del sontuoso edificio contiguo alla chiesa di San Francesco, solo dopo il 1740. In quella data infatti Francesco Eugenio ereditò i beni della madre, la nobile Teresa Chieppio, moglie di Francesco Alberto, decidendo in seguito di stabilirsi a Mantova assieme alla moglie Teresa Ardizzoni di Pomà. Tra l’altro Francesco Eugenio ebbe l’onore di accogliere Leopold e Wolfgang Amadeus Mozart in occasione della loro visita a Mantova del 1769, durante la quale inaugurarono il teatro Bibiena. A Francesco Eugenio seguì Giambattista Gherardo, uomo del secolo dei lumi. Fu lui a volere la renovatio del palazzo di famiglia nella solenne veste neoclassica studiata da Antonio Colonna.
Il figlio Francesco Alberto, politico ed economista, fu studioso e podestà di Mantova. Tra i suoi figli ricordiamo Luigi, naturalista (diede origine al museo di famiglia), che sposò Giovanna dÈ Capitani d’Arzago (dalla quale ebbe Francesco Antonio Gerolamo), e Carlo, artista, studioso d’arte e ricercatore, collezionista di opere d’arte e documenti (a lui si deve l’istituzione del Museo Civico). Francesco Antonio, ultimo maschio della casata, ricevette in gioventù un’ottima educazione che lo condusse ad essere sottosegretario agli esteri con Rudinì (1891) e dal 1896 senatore del Regno,quale membro di Democrazia Costituzionale. Ebbe da Maria Cantoni la figlia Giovanna (nata il 5 novembre 1880). Morì nel 1917.
La contessa Giovanna d’Arco Chieppio Ardizzoni, poi marchesa Guidi di Bagno, sposò nel 1905 il marchese Leopoldo di Bagno (Roma 1875-Rimini 1931) e fu l’ultima esponente dei d’Arco. Ben presto, vedova e senza eredi, dedicò completamente la sua vita alla propria città e all’intento culturale della famiglia. Dopo aver arricchito le collezioni del palazzo e dopo aver ricoperto numerosissime e prestigiose cariche la marchesa si spense il 30 settembre 1973, lasciando alla “sua” Mantova il palazzo di famiglia con tutte le sue collezioni come nuovo museo per la città.
La morte della Marchesa Giovanna D’Arco
È spirata alle cinque del mattino del 30 settembre 1973 in una stanza semplice del suo grande palazzo di famiglia all’età di novantatre anni.
Il nome Giovanna D’Arco è storicamente un classico miscuglio di spirito, carattere, sensibilità. Ed è proprio questo che questa nobile gentildonna ha rappresentato nella sua esperienza terrena. L’ amore per il territorio mantovano fu totale. Una visione acuta ed un’attenzione premurosa ai problemi sociali e del quotidiano. Poetessa e pittrice gentile dal pensiero fervido, ma allo stesso tempo tenace e concreta nell’obiettivo di trasportare Mantova verso nuovi traguardi. Il luogo di queste sue aspirazioni fu dal 1945 il suo salotto, dove la Marchesa era solita accogliere le forze più vive della città. Giovanna è stata amatissima Presidente dell’ Associazione per la Difesa del Paesaggio, Amici di Palazzo Ducale, Amici di Mantova, Italia Nostra. Eppure la sua vita non fu così felice, particolarmente negli anni della giovinezza. Il padre di Giovanna, Conte Francesco Antonio, uno degli uomini più ammirati d’Europa e uno degli ingegni più limpidi della politica italiana di fine ottocento, era stato colpito da una malattia nel 1898 che lo aveva progressivamente portato alla cecità e alla paralisi. Egli riuscì comunque a propiziare il matrimonio con il Marchese Leopoldo Guidi di Bagno nel 1905. L”unione non ebbe vita facile, visti i frequenti distacchi che portarono Giovanna ad assistere il padre fino alla morte, avvenuta nel maggio 1917. In quei momenti le furono accanto con devozione, il marito, la mamma Maria Cantoni, la suocera Marchesa Virginia Chigi, la donna di compagnia Jole Bellintani. All’inizio degli anni trenta, in poco tempo le vennero a mancare prima la madre e poi il marito. Iniziò così un altro periodo cupo che terminò con la fine della seconda guerra mondiale. Una nuova linfa vitale pervase allora la vita della Contessa. Assistita dai collaboratori, ed in particolare dalla fedele Jole e dall’ Amministratore Patrimoniale, geometra Mani, riuscì a far risplendere la grande casa patrizia, il meraviglioso Parco delle Bertone in Goito, e le varie collezioni, raccolte, biblioteca, archivio e mobili, accogliendo cittadini di ogni pensiero e ceto sociale per far rinascere il territorio virgiliano. Parlamentari, amministratori, giornalisti, artisti, si trovavano regolarmente nel suo salotto per discutere delle idee più adatte ai nobili scopi. Fu così fino alla sua scomparsa. Dopo una malattia bronchiale Giovanna soleva dire in dialettto “Iè le röde kle và pü!” Traduzione : “ Sono le ruote che non girano più!” Nonostante questo la sua volontà si è concretizzata fino a poche settimane prima della morte, che l’ ha colta in pace, assistita ancora una volta dalla devota Jole e dalla nipote Bianca di Bagno.
La Marchesa Giovanna D’Arco era proprietaria di un’immensa fortuna costituita dal Palazzo del suo casato sito in Piazza D’Arco a Mantova,da alcune aziende agricole, tra cui le Bertone a Goito, con il famoso Parco, e tre castelli ad Arco di Trento. Nel Palazzo D’Arco sono custoditi tesori artistici costituiti da un’inestimabile collezione di quadri di artisti quali: i migliori Bazzani del mondo, Rubens, Hayez, mobili d’epoca, una biblioteca ricchissima, incunaboli, reliquari, un museo di scienze naturali, una rara collezione di stampe ed incisioni del ‘500, un archivio storico e mille altre ricchezze culturali. La Marchesa D’Arco non aveva eredi diretti; aveva due nipoti del ramo tedesco della famiglia D’Arco.
Le sue volontà sono state quelle di conservare tutto a beneficio della comunità mantovana.Nacque così la Fondazione D’Arco, punto di riferimento per i cittadini, gli studiosi, con particolare attenzione alle facoltà di agraria, idraulica e medicina. Furono devolute somme anche a vari istituti di beneficenza e alle Parrocchie di Goito e Soave di Porto Mantovano.
Il suo testamento fu aperto il 30 settembre 1973 dal Notaio Dottor Cucchiari. Presenti il Prefetto Dottor Ferrante, l’Avvocato Carlo Magri, l’Amministratore Remo Mani e la signorina Jole Belladelli
Dalla Gazzetta di Mantova dell’ 1 Ottobre 1973
di Giuseppe Amadei
Il ritorno della famiglia ad Arco a Trento nel 2012
I nobili che per mille anni hanno segnato la storia di Arco sono tornati per ristabilire un rapporto interrotto ormai da più di un secolo. Ora sul libro d’oro degli ospiti illustri della città ci sono le firme di Riprand conte d’Arco – Zinneberg e della consorte, Sua Altezza Imperiale e Reale Maria Beatrice contessa d’Arco – Zinneberg; inoltre di Ludmilla contessa d’Arco – Valley e ancora, per il ramo d’Arco-Zinneberg, delle contesse Monika e Anna Teresa e dei conti Andreas, Ulrich e Clemens. Ma erano ben 75 i partecipanti alla storica rimpatriata della famiglia nobiliare, oggi suddivisa nei due rami d’Arco – Zinneberg e d’Arco – Valley, che ieri si sono ritrovati ad Arco. A riunirli in occasione del suo 75° compleanno è stata Ludmilla, che al difficile progetto ha dedicato un intero anno. L’ha sostenuta con entusiasmo l’amministrazione comunale, in virtù del profondo legame che unisce ancora oggi la città alla famiglia che ne ha preso il nome. «Noi siamo di Arco – ha detto il conte Riprand in piazza Tre Novembre, durante il saluto delle autorità al folto pubblico – e non siamo tornati perché non siamo mai andati via. Non abbiamo dimenticato.
Fonti:
http://www.museodarcomantova.it
Gazzetta di Mantova Rodolfo Signorini
a cura di Marco Dallabella