PREFAZIONE

Una delle molle che mi ha spinto ha condurre questa ricerca è la consapevolezza che attualmente l’Italia è il fanalino di coda per quanto riguarda la lettura in Europa. È un dato preoccupante soprattutto in prospettiva futura. Ho pensato quindi che fosse una buona idea cominciare a portare un piccolo contributo per il risveglio di questo interesse assopito, partendo dalla comunità in cui sono nato e vivo. La nascita dell’associazione Goito on line, di cui faccio parte, che ha come scopo principale la diffusione e la conseguente valorizzazione delle realtà artistiche, culturali. Storiche, folcloristiche della nostra città, mi ha dato un ulteriore stimolo vista la notevole possibilità di divulgazione offerta dalla rete telematica.
Purtroppo devo mettere in evidenza la difficoltà avuta nel reperire notizie e materiale utile a questa ricerca. È un problema che viene da molto lontano e si può sintetizzare dicendo che è una lacuna formatasi nei decenni e decenni trascorsi, creata secondo me dall’assenza di una cultura della memoria (in particolare scritta) che si deve provare ad invertire.
Devo ringraziare quindi quelle persone, in particolare anziani che anche ricordando un solo nome mi hanno aiutato a legare i vari fatti fra di loro. Importatane è stato anche il materiale trovato nell’archivio comunale scartabellando tra vari documenti ingialliti e polverosi risalenti anche ai secoli scorsi.
Ho deliberatamente evitato di riportare questi documenti nella loro interezza privilegiando l’aspetto storico rispetto a quello tecnico per fornire al lettore la possibilità di una lettura snella e veloce.
Concludo rispondendo ad una domanda che ognuno si può fare e cioè: perché il cinema?
Credo che sia giusto lasciare la risposta a chi legge, individualmente.
Personalmente, a parte la passione per queste arti (non dimentico il teatro), ho voluto e cercato di dare la sensazione che questo edificio fosse dotato di un anima e per questo non dovesse essere dimenticato ma al contrario meritevole di attenzione e riguardo.
                                                                                                                                                                    Marco Dallabella

Capitolo I
INTRODUZIONE
Ricostruire la storia di questo edificio, posto in Piazza Gramsci n° 5 ed attuale sede del Cinema Comunale, significa dover compiere un balzo notevole indietro nel tempo.
Si trova infatti, traccia di esso già nell’anno 1147, quando è luogo di culto e più precisamente una chiesa chiamata “Santa Maria Maddalena”, nei secoli successivi, attorno alla fine del ‘500, il Duca Guglielmo Gonzaga vi fonda un monastero benedettino mutando il nome della chiesa annessa, che prende il nome di San Martino. 

Fondazione del Monastero di San Martino

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Ritratto di Guglielmo Gonzaga.

Costruito nel 1587 per volere del Duca Guglielmo Gonzaga che lo donò ai monaci Benedettini. Nel sito dove sorse il monastero esisteva la cappella di Santa Maria Maddalena, posta nel Castello vecchio di Goito citata in antichi documenti del 1147 a proposito della Cochiria, una delle consorterie più potenti del paese tra il 1100 e il 1200 di stirpe arimanna che aveva scelto come residenza questo luogo. Nei secoli seguenti la cappella era caduta in disgrazia probabilmente a causa della guerra o per le Fabbriche del Castello.

Guglielmo quindi, nell’anno 1586 contribui all’edificazione del monastero con un’offerta di mille scudi di Camera, tre case ed alcuni arti nel luogo dove si sarebbe fabbricato.

Il 12 Marzo 1587 alla presenza del Duca fu posata la prima pietra dall’ abate D.Prospero d’Asola; su questa pietra erano incise queste parole:

D.O.M. EX SERENISS. GULIELMI MANTUAE III MONTISFERR. I DUCIS MUNIFICENTA PER REVER. P. DON PROSPERUM AB ASULA CASSINENSEM PRAESIDEM ET D. BENEDICTI ABBATEMPRIMA HAEC IACTA FUNDAMENTA ANN. SAL. MDLXXXVII DIE MARTII

Sulla porta della chiesa furono invece scritte queste parole:

D.O.M. DIVOQUE MARTINO EPISCOPO SACRUM. SERENISSIMI GULIELMI GONZAGAE DEI GRATIA MANTUA III ET MONTISFERR. I DUCIS/IN DEUM ET SANCTOS PIETATE EXIMII, LIBERALITATE AC RELIGIONE/PAVENTE, REVER. P. D. PROSPER AB ASULA, ABB SANCTI BENEDICTI DE/PADOLIRONE AC TOTIUS CASIN. CONGREG PRAESUL, BENEDICTI LAPIDE/ERIGENDUM CURAVIT. ANN. MDLXXXVII DIE XII MARTII

L’ abate suddetto insieme ai molti monaci che assistettero all’inaugurazione, prese possesso formale di San Martino il giorno stesso alla presenza di Guglielmo Gonzaga e del Vescovo Cardinale di Verona Agostino Valerio. 

Trasformazione in “Teatro Comunale”

decreto napoleonico

Decreto Napoleonico _ Autorizzazione alla pubblicazione del documento conservato all’Archivio Storico Mantovano. Concessione n°17/2003 datata 14/05/2003 Rif. ASMN, Gridario Bastia, Tomo 5, Volume 38, foglio 32 “Avviso della Repubblica Francese”.
Il documento è di esclusiva proprietà dell’Archivio Storico Mantovano”. È severamente vietato utilizzare e riprodurre senza le necessarie autorizzazioni dell’Istituto.

La situazione rimane invariata per circa due secoli, poi, in corrispondenza del periodo della dominazione francese di Goito, un decreto Napoleonico datato 9 marzo 1797 sopprime il monastero e la chiesa, imponendo la loro trasformazione per uso profano.

Ed è sicuramente nel periodo immediatamente successivo che questa trasformazione porta al nostro paese il “Teatro Comunale”, perché, anche se non databile con certezza, lo si può dedurre leggendo alcuni scritti adolescenziali di Don Enrico Tazzoli, famoso patriota risorgimentale, nonché uno dei Martiri di Belfiore. Dice egli infatti “….avevo un primo grado di istruzione che mi fu continuato da mio padre anche in età più avanzata, ma più specialmente in quella prima età nella quale ebbi anche a cuore di produrmi sul teatro di Goito nel quale io non prestava male le parti di fanciullo vispo, recitando, con adulti e proprio bene, quella di caratterista recitando con altri ragazzi il dramma in versi dell’Arcadia in Brenta del quale io ero protagonista, nel quale recitavano oltre a mio fratello maggiore Silvio e mia sorella Teresina, i giovani più svegliati del paese, fu ripetuto da noi sul teatro pubblico tre volte e tre sopra un teatrino che il Priore fece appositamente erigere in una casa priorale…”

Don Enrico Tazzoli era nato a Canneto sull’Oglio il 19 aprile 1812 da Pietro (giudice conciliatore a Canneto, poi pretore ad Ostiglia) e da Arrivabene Isabella (nobile). Fu ammesso nel Seminario di Mantova il 3 aprile 1829; ma prima aveva studiato anche a Verona.

Dopo l’ordinazione a sacerdote, a 24 anni insegnava già filosofia in Seminario. Si dedicò anche ad iniziative benefiche, all’istruzione del popolo e ad asili infantili.

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Ritratto di Don Enrico Tazzoli.

Nel novembre del 1848 subì il primo arresto per una predica ritenuta offensiva per le truppe austriache. Fu la guida più autorevole del comitato rivoluzionario di Mantova e delle province collegate. Al momento del pericolo non volle fuggire. Arrestate si addossò tutte le sue responsabilità. Dalla sentenza risulta che lo scopo della sua azione era “di far scoppiare una sommossa popolare, onde conseguire in tal guisa la separazione violenta del regno Lombardo-Veneto e la di lui repubblicanizzazione”; in realtà il suo pensiero era molto più complesso; in sintesi “potersi giovare della prima opportunità a scuotere il gioco straniero”. Si trattava di una impostazione diversa. Dalle carte di polizia si evince che il Tazzoli era “dotato di molta capacità e lumi e versatissimo nell’arte oratoria”.
A proposito del carattere si definiva “sostenuto, tenace, irremovibile”. In definitiva: “La sua posizione è quella di un consumato ed avveduto ribelle”.
Tazzoli venne impiccato a Mantova il 7 dicembre 1852.
Ora, essendo Tazzoli nato nel 1812, è facile intuire che le sue esperienze sul palcoscenico Goitese siano riconducibili agli anni attorno al 1820.
L’uso del Teatro è sicuramente saltuario ed irregolare per diverso tempo, anche la struttura esterna a prima vista lo fa sembrare ancora una chiesa.
Viene citato ad esempio il famoso episodio, tratto dal libro “Cuore” di Edmondo De Amicis, dell’eroico tamburino sardo risorgimentale ricoverato in una chiesa adibita ad ospedale in cui gli viene amputata la gamba (1° guerra d’indipendenza, dopo la battaglia di Custoza 24 luglio 1848).
Nel 1886 il Comune, fin dall’inizio suo proprietario, dispone per lavori di ristrutturazione delle facciate esterne del teatro; in questi anni è sicuramente presente una società filodrammatica locale che offre al pubblico spettacoli con una certa continuità. Lo spazio per le rappresentazioni sede essere piuttosto angusto visto che l’associazione in data 4 ottobre 1891 scrivendo all’allora sindaco Giuseppe Fochessati dice: “Domenica 4 ottobre 1891 in occasione della recita della nostra produzione “La maschera nera” il pubblico era talmente entusiasta ed appassionato che più volte è quasi salito sul palcoscenico; situazione che si è poi ripetuta anche per “I denari della banca”.
Si rende necessaria quindi una loggia che aggiunta all’attuale platea possa contenere un pubblico più numeroso. Il sindaco, presente alle recite, prende atto della richiesta e permette di installare la loggia che si trova all’interno dell’asilo comunale.
Capitolo II
IL NOVECENTO
Nei primissimi anni del ‘900, Goito ed il suo teatro, sono all’avanguardia per quanto riguarda la presentazione di un nuovo spettacolo che si sta affermando in tutto il mondo: il cinema.
Suzzara, Borgoforte, Castelbelforte, Villimpenta ed Ostiglia insieme al nostro paese segnalano proiezioni cinematografiche con un certo anticipo rispetto ad altre province, dove il cinema arriva dopo il 1903, grazie a baracconi ambulanti.
I destinatari dei primi spettacoli fanno della borghesia agraria, poco istruita e sanguigna, che affolla caffè, teatri e ritrovi danzanti. La politica del basso costo che verrà perseguita negli anni seguenti, avvicinerà via via i piccoli proprietari terrieri, artigiani e commercianti il prezzo del biglietto è di 25-30 centesimi, due terzi in meno dei teatri lirici ed è abbastanza accessibile ad operai e braccianti nonostante il guadagno di un giorno di lavoro (16 ore) sia di una lira circa.
Mentre Mantova il 7 giugno 1907 inaugura il primo cinematografo permanente, il “Roi Solei” (Re Sole), Goito propone con saltuarietà sia spettacoli teatrali che cinematografi.
L’uso del teatro per la locale filodrammatica ha un costo di lire 30 dal 27 maggio al 25 giugno 1904; dieci anni dopo nel settembre ‘1914 l’affitto costerà lire 2,50 a rappresentazione.
La guerra è alle porte ed il teatro, oltre che per gli spettacoli, viene usato per ammassare prodotti, quasi come magazzino; seguono anni bui in cui un lento declino porta alla sua chiusura.

Il teatro comunale

La facciata negli anni ’30 del XX secolo (tratto da: “Goito, immagini del ‘900”).

Nel 1928 il commissario prefettizio Giuseppe Ceolin e l’amministrazione comunale fascista deliberano l’inizio dei lavori che dovranno rinnovare lo stabile. Nel gennaio ‘1929 il nuovo Teatro Comunale è pronto. È cosato lire 2.230 ed in realtà non si tratta di un vero teatro, perché i cambiamenti lo hanno “relegato” ad essere un salone. In effetti il palcoscenico è stato eliminato ed all’interno si svolgono serate danzanti, concerti ed attività ricreative riservate agli iscritti all’O.N.D. (dopolavoro), che lo gestisce, ed ai gruppi vicini al Fascio (per es. Balilla). La Domenica sera è riservato alle proiezioni cinematografiche.
La fine del Cinema Muto e l’arrivo del sonoro sono testimoni di una realtà consolidata: negli anni ’30 ogni paese della provincia ha ormai il suo cinematografo. Trascorrervi la serata è ormai abitudine per donne, famiglie, bambini, militari, innamorati anche se sarà per assurdo la guerra che incrementerà gli spettatori.
Nel 1942, con un nuovo contratto, il comune concede la gestione del cinema all’E.N.A.L. (Ente Nazionale Assistenza Lavoratori) che ha l’impegno di ricostruire il palco con camerini annessi, una biglietteria ed una galleria/balconata entro l’anno 1953. Nonostante la guerra imperversi, il pubblico come già detto vuole sognare, illudersi, desiderare e neppure le prime bombe, cadute nel febbraio 1944, lo fanno allontanare dalle sale.
Al contrario sono i film a scarseggiare. Le regole per l’oscuramento dispongono la chiusura alle ventuno ed alle ventitré. Nel gennaio 1945 l’oscuramento parte alle 17.30 per finire alle 19.20; i cinema però sono quasi tutti chiusi per mancanza di pellicole. Con la fine del conflitto al contrario la produzione aumenta a livelli altissimi. Un pubblico sempre più numeroso assiste alle proiezioni. È un pubblico facile e vuole tutto facile: niente film impegnati o neorealismo, ma piuttosto rivista, risate, ragazze seminude.
Il Teatro Comunale dalla fine degli anni ’40, durante le amministrazioni Magnani, Branzini, Vaccai, fu soggetto ai lavori di ristrutturazione precedentemente nominati. Conclusi nei primi anni ’50 portarono all’opera di una galleria di oltre 200 posti, al rinnovo degli impianti igienici, del pavimento e del riscaldamento. Per quanto riguarda il palco, il Comune non potè agire visto il parere negativo da parte della Commissione Teatri in quanto esso era adiacente alle scuole elementari.

Il cinema comunale di Belfiore (MN)

Ecco come si presentava il Cinema Comunale Belfiore dopo la ristrutturazione degli anni ’50.

Quindi negli anni ’50 la sala cinematografica si presentava con una galleria di 211 posti, una platea di 408 posti, per un totale di circa 620 posti. 
Era chiamato “Cinema Belfiore”.
Trenta secondi prima dell’inizio del film, il gestore doveva suonare il campanello per ordinare il pubblico nei propri posti. All’interno della sala era consentita la vendita di caramelle, gelati e dolciumi tramite persona fornita di cestino con tracolla.
Gli anni ’50 sono realmente l’età dell’oro per gli esercenti locali. Tutto questo sino all’avvento della televisione che lo spettatore apprezza per l’approccio più diretto e la possibilità di usare il tempo libero stando contemporaneamente al bar con gli altri vedendo lo sport, i quiz, le canzoni. Il suo sviluppo è legato al “Miracolo economico”, al “boom”, alla fortuna, al denaro che si può vincere, nonostante questo non migliori il senso civico e la crescita sociale e politica della popolazione.
Negli anni ’60 il numero dei posti all’interno del cinema viene portato a 440 per questioni di legalità. Verso la fine del decennio per la sala goitese comincia una lenta decadenza provata dalle lamentele del gestore del tempo (Oliva Paolo) con il comune a proposito delle condizioni disagevoli in cui deve versare: serramenti marci, gabinetti senza scarico, impianto elettrico vetusto, ingresso e facciata malandati. Conseguente, arriva la chiusura del cinema in seguito alle sue dimissioni: siamo nel 1973; passeranno oltre sei anni prima che, dopo i lavori di ristrutturazione conclusi nel 1979, Goito (amministrazione Rabbi) abbia di nuovo il suo cinema.

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La gradinata della “Sala Verde” negli anni anni ’90.

Il 24 dicembre 1980 viene inaugurata la “Sala Verde” con la proiezione in anteprima del film “Sindrome Cinese” con Jack Lemmon, Jane Fonda e
ichael Douglas.
La sala ha una capienza di oltre 250 posti a sedere distribuiti in un’unica gradinata: è stato costruito un nuovo palcoscenico in muratura di 9 metri per 4, ed è presente un nuovo impianto di sonorizzazione, amplificazione e diffusione. All’ingresso sono presenti una biglietteria en un bar. Dopo solo qualche anno per problemi legati alla prevenzione incendi la sala chiude nuovamente: infatti un’ordinanza da parte della Prefettura determina l’inagibilità del cinema in merito a tendaggi e poltrone. Conseguentemente il 7 giugno 1986 un’ordinanza comunale sospende immediatamente l’attività.
Passano altri cinque anni e finalmente risolti i problemi citati precedentemente, un nuovo contratto stipulato tra Comune e gestore affida la gestione stessa al sig. Agostino Cenzato a partire dal 2 dicembre 1991 con proiezione inaugurale del film “Robin Hood” interpretato da Kevin Costner.
Capitolo III
GOITO ED IL CINEMA AL DI FUORI DEL TEATRO COMUNALE
Agli inizi del ‘900 è possibile assistere a proiezioni cinematografiche esclusivamente grazie a compagnie ambulanti. Queste imprese viaggianti sono di due tipi: le prime acquistano l’attrezzatura necessaria per accordarsi con impresari e direttori teatrali per essere inserite nelle programmazioni; le seconde sono proprietarie di proiettori e film, ma anche dello spazio in cui effettuare lo spettacolo e cioè un carrozzone, un baraccone, un tendone, facilmente spostabili e montabili. Luigi ed Almerigo Roatto, Antonio e Giovanni Cini, i fratelli Salvi, Ercole Pettini, Francesco Campogalliani, Gino ed Ottorino Protti sono tra i più noti, attivi nella provincia di Mantova.

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Antonio Cini e la sua famiglia in partenza con il cinema ambulante “Imperial” (foto tratta da:”Cent’anni dal Mincio al Po”).

A Goito si ha notizia per esempio di proiezioni eseguite nella via centrale del paese (via Ascoli Piceno, ora via 26 Aprile) stendendo lenzuola bianche alle finestre; oppure di carovane di ambulanti che si posizionavano sul sagrato della Basilica (attuale piazzale Matteotti), mostrando le loro pellicole ad un pubblico precedentemente avvertito da un giovanotto che, dotato di bicicletta e cartelli sul corpo modello “uomo sandwich” scorazzava su e giù per le vie del paese.
Prima della II guerra mondiale ci fu poi una breve esperienza all’interno del cortile dell’ex “Locanda al Gallo” (piazza Sordello n.3, attuale sede B.A.M.), quasi un’anteprima dei cinema all’aperto stabili che nacquero nell’immediato dopoguerra.
Sono anni di rinnovato entusiasmo, la gente come già detto vuole rinascere dopo gli anni bui del conflitto; ballare, divertirsi, stare insieme, ma anche andare al cinema. Nascono così i cinema all’aperto per la stagione estiva. Troviamo ad esempio il cinema “Belfiore”, posto in contrada Belfiore n.3, oppure un altro situato in via 24 Maggio n.15 (ex sede Polizia Municipale). In seguito, negli anni ’50, si ha notizia di un locale chiamato “Cinema Adriano” nella frazione di Cerlongo. Di rilievo l’esperienza tenuta all’interno dell’oratorio parrocchiale, dove fin dai primi anni ’60 è possibile assistere a proiezioni cinematografiche.
Oggi nessuna di queste esperienze è, purtroppo, ancora attiva.
Capitolo IV
GLI OPERATORI
La figura dell’operatore ha avuto grande importanza nello sviluppo dell’arte cinematografica. Partendo dai primi che facevano scorrere le immagini girando una manovella, arrivando ai giorni nostri in cui la tecnologia ha portato notevoli cambiamenti nella professione.

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La sala proiezioni negli anni ’50. Il proiettore è della Cinemeccanica Milano, risalente al periodo del secondo dopoguerra.

Marco e Francesco Vincenzi, Mario Bonizzi, Sergio Moretti, Francesco Vaccari, Giuseppe Cauzzi si sono succeduti nel tempo all’interno della cabina di proiezione del cinema Comunale. Qualcuno di loro ha avuto a che fare con le pellicole costruite in celluloide e con i “carboncini” che le componevano, ottimi per dare nitidezza all’immagine, ma pericolosi nel provocare potenziali incendi; negli anni ’50 il problema fu risolto costruendo la pellicola con un 30% in celluloide ed un 70% in plastica, garantendo così più sicurezza anche se con meno qualità.
Per quanto riguarda i proiettori, per lungo tempo si usarono modelli che grazie ad una dinamo creavano corrente per permettere la proiezione.
Con il passare degli anni anche l’amplificazione da monolocale divenne stereofonica, creando quindi vari effetti a livello uditivo.
Anche l’immagine con il tempo subì dei cambiamenti. Emblematico l’arrivo del cinemascope, quando grazie ad un doppio obiettivo che permetteva la messa a fuoco e la contemporanea possibilità di allargare l’immagine (obiettivo anamorfico), si ottenne l’effetto che rese particolari i film degli anni ’60 e cioè l’immagine allargata, con la parte superiore ed inferiore dello schermo di colore nero.
Attualmente, come già detto, la tecnologia è di grande aiuto all’operatore che può svolgere le sue funzioni premendo solamente qualche bottone, avendo tra l’altro maggiori responsabilità dal punto di vista della vigilanza.
Capitolo IV
LA “SALA VERDE” NEL 2001
Dalla ristrutturazione della fine degli anni ’70, il cinema è rimasto praticamente invariato ad eccezione del bar che stava nell’atrio e che ora non è più presente.
La sua capienza attualmente è di 256 posti a sedere, disposti nella confortevole forma ad anfiteatro. Notevoli sono stati gli arricchimenti dal punto di vista tecnologico, arrivati soprattutto negli ultimi anni; tutte le proiezioni infatti sono in dolby digital stereo e DTS (digital sound).
Il cinema goitese è guidato dal 1991 dal sig. Agostino Cenzato.

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L’operatore Giuseppe Cauzzi nella cabina di proiezione nel 2000.

La programmazione usuale prevede la prima visione del film maggiormente richiesto del momento, nei giorni dal venerdì al martedì (in quest’ultima serata il biglietto d’ingresso è ridotto). Accanto a questa e vero fiore all’occhiello della Sala Verde, l’appuntamento del Giovedì sera con il cinema di qualità; organizzato con l’ausilio dell’amministrazione comunale,da anni ormai punto di riferimento per i cinofili della zona. Due cicli di dieci film a prezzo stracciato, in autunno ed in primavera, che puntano a presentare opere tra le più significative tra le varie cinematografie contemporanee, scelte tra quelle che hanno ottenuto i maggiori consensi della critica oltre a numerosi premi in festival e rassegne. In esse accanto ai temi della quotidianità, prevalgono i toni della commedia e dunque senza il clamore dei grandi effetti speciali, si parla con naturalezza di uomini e di cose, di diversità, di lavoro: si affronta la difficoltà di comunicare proprio come succede nella vita di tutti i giorni.

Del resto questa è l’idea alla base di: “Giovedì Cinema”: creare un momento di aggregazione comunitaria in cui la leggerezza non sciocca e né gratuita, possa costruirsi come elemento di confronto e di arricchimento culturale per il pubblico. Già il pubblico: colonna portante del sistema del cinema fin dall’inizio. Dall’incredulità degli albori per il “Luogo magico”, fino agli anni d’oro in cui la passione ed il calore popolare toccavano livelli incredibili. Ne è la prova un episodio della m,età degli anni ’50: il cartellone prevedeva la proiezione di un film divenuto epocale “Marcellino pane e vino”, l’inverno era freddissimo e lo era a tal punto che l’acqua nei radiatori all’intermo del cinema ghiacciò fino a farli scoppiare. Ebbene la gente che gremiva Piazza Gamici, antistante al teatro, volle entrare comunque e vedere il film, nonostante la temperatura interna fosse polare.

Episodi surreali, quasi ridicoli adesso, agli occhi dei più, certo con il tempo le sale cinematografiche sono diminuite considerevolmente, chiuse e trasformate in garage e supermercati con l’arrivo della televisione, in particolare con le private dagli anni ’70 in poi.

Lo spettatore, allungato sul divano od in camera da letto è assorbito dalla televisione, dalle videocassette, videogames, computers ed anche quando esce li può trovare ovunque.

Bar, uffici, negozi, stazioni sono i luoghi dove la sua attenzione viene ancora rapita, senza però l’elemento essenziale che ha reso così particolare ed affascinante il cinema: l’entrata nel buio della sala.

La recente breve crisi della Sala Verde, con conseguente mobilitazione popolare, accompagnata da petizione è però un chiaro sintomo del fatto che il pubblico, anche se non più oceanico, crede ancora con entusiasmo a quell’emozione, a quell’ atmosfera onirica suscitata dal cinema sul grande schermo.

Goito lì, 23/12/01 Marco Dallabella 

APPENDICE
Gestione Cinema Comunale di Goito
GENNAIO 1929 – LUGLIO 1935 : O.N.D. (Dopolavoro) nella persona del Sig. Vincenzi Marco;
LUGLIO 1935- MAGGIO 1942 : Fascio locale;
GIUGNO 1942- GIUGNO 1961 : E.N.A.L. (Ente Nazionale Assistenza Lavoratori) e C.R.A.L. (Circolo ricreativo):
Aprile ’45 – Agosto ’49 Sigg. Protti–Fornari;
1951- 1954 Ditta Ruzzenenti & c.;
1954-1961 Sig.ra Pongiluppi Anna vedova Panzetta;
2 GENNAIO 1962 – 5 GENNAIO 1967 : Sig.ra Pongiluppi Anna vedova Panzetta;
10 GIUGNO 1967 – MAGGIO 1973 : Sig. Oliva Paolo;
1 GENNAIO 1980 – 7 GIUGNO 1986 : Sig. Viola Mauro;
2 DICEMBRE 1991 – DICEMBRE 2001 : Sig. Agostino Censato.

Bibliografia
“Mantova al cinematografo – 100 Anni di cinema dal Mincio al Po’” di Salvatore Gelsi (1995);
“Don Enrico Tazzoli e i suoi tempi” di Tullio Urangia Tazzoli (Editore tipografica Secomandi);
“Comuni e Parrocchie della provincia di Mantova. Mantova stab. Mondavi” di Bertolotti Antonino (1983);
“Memorie storiche di Goito”del Prof. Giovanni Guernelli (1975);
“Cronaca universale della Città di Mantova” di Federigo Amadei.

Ringraziamenti
Desidero ringraziare per la collaborazione:
Archivio di Stato di Mantova
Biblioteca comunale di Goito
Biblioteca comunale di Marmirolo
Comune di Goito
Ufficio tecnico del Comune di Goito
Associazione “Goito on line”
Foto ottica Crema
Sigg. Bonizzi Mario e Rino
Sig. Moretti Sergio
Sig. Vaccari Francesco
Signore Vincenzi Carla e Odilia
Sigg. Agostino Cenzato, Giuseppe Cauzzi e Laura della “Sala Verde”
Elena Bombana per il supporto tecnico
Cartoleria Zenesini (Goito)

Un ringraziamento particolare per le preziose indicazioni avute dai Sigg:
Alboini Ferruccio
Astori Alceo
Cartapati Enzo
Foroni Adelelmo
Mondini Giuliano
Turcato Luciano
E gli altri che ho dimenticato
Ed infine, un grazie speciale per l’aiuto concreto al Sig. Bianchi Anacleto, particolarmente attivo nella segnalazione di persone e ricordi di gioventù e a Federica Federici per il prezioso lavoro di battitura.